Cesare Leonardi fotografa dall’età di quattordici anni, intrecciando la ricerca artistica con quella legata alla propria attività nel campo dell’architettura e del progetto. All’inizio degli anni Cinquanta si dedica alla creazione di immagini formaliste ‘a tono alto’, con cui partecipa con successo a numerosi concorsi internazionali. Alla fine del decennio sperimenta doppie esposizioni (le architetture moderniste, i parabrezza dei ciclomotori) e sequenze narrative, come quella di un uomo in un bar che guarda la televisione, soggetto su cui torna a più riprese nel corso degli anni.
Dopo l’invenzione della griglia sequenziale come strumento per lo studio degli alberi nella prima metà degli anni Sessanta, Leonardi decide di applicarla a numerosi altri soggetti per superare i limiti del singolo scatto fotografico: si sposta nello spazio per moltiplicare i punti di vista ed esegue diverse riprese a distanza di tempo (pochi istanti, giorni, stagioni), poi unisce le immagini su un’unica tavola o semplicemente con il nastro adesivo.
La composizione multipla delle immagini immagini accompagna dunque tutto il percorso di Leonardi, in cui continua ad esplorare il proprio orizzonte quotidiano, rivelandosi uno strumento flessibile di conoscenza orientato all’invenzione e al rinnovamento.vNegli anni Settanta nascono celebri serie che spaziano dalla natura al paesaggio urbano, dalla cultura rurale ai media: esse costituiscono soprattutto una meditazione sul tempo, aspetto centrale di tutta la sua poetica e visione.
«Leonardi non vuole insegnarci come sono fatte le cose, ma come fare a conoscerle, invitandoci a considerare, quando guardiamo e quando progettiamo, i cambiamenti apportati all’oggetto dal tempo» (Daniele De Luigi). A fine anni Settanta, con i Segnali gioca ad alterare il rapporto biunivoco, codificato e normato, tra significante e significato. Negli anni Ottanta e Novanta produce importanti rilevamenti fotografici su committenza: l’Atlante del Duomo di Modena, ma anche i mestieri artigiani del restauro, alla cui base c’è tutta la sua concezione operaia e intellettuale insieme della fotografia.
All’inizio degli anni Duemila realizza nuove sequenze dedicate all’immagine televisiva, dal sarcasmo tagliente: riproduce fotogrammi dal palinsesto di diversi canali e, attraverso il consueto gioco combinatorio, ricompone il messaggio visivo sbriciolandone il significato.